Gazzetta del Mezzogiorno
9 settembre 2007

Amarcord anni ’80
La musica “New Wave” e la nostra provincia in un testo di Basile e Nitti.
di Fulvio Colucci

Chi ricorda la New Wave? L’ondata di musica che, partita dalla Gran Bretagna, invase l’Europa agli inizi degli anni ’80? Fu l’ultimo fenomeno di massa generato dalla rivoluzione giovanile; per intenderci: l’ultimo figlio del ’68 e della beat generation, anche se, paradossalmente, finiva per sovvertire quei simboli ( e quei suoni).

L’ultimo lembo dell’impero, la nostra pigra e sonnacchiosa provincia, fu investita dalla British invasion, l’orgia di suoni (dall’elettropop al dark), stili e tendenze (dagli abiti alle acconciature) inglesi. I tarantini Giuseppe Basile e Marcello Nitti provano a far sfilare gli anni, i piccoli e grandi personaggi, i ricordi sulla passerella di questo pezzo di storia del costume (che è anche un pezzo di storia patria). Il libro si intitola: “80, New Sound, New Wave” (Edizioni Geophonìe – 22 Euro). Il collage di ricordi e suggestive immagini sarà presentato questo pomeriggio al circolo sportivo Tursport di San Vito (ore 18,30). Si tratterà, per certi versi, di una rimpatriata più che di una presentazione, perchè il Tursport fu palcoscenico di concerti musicali irripetibili per la nostra città. Dai Bauhaus ai New Order; dagli Ultravox ai Simple Minds. Gruppi che hanno fatto la storia della musica internazionale e che, in quegli anni, facevano tappa a Taranto riconoscendo alla nostra città, nei fatti, lo status di importante centro della cultura giovanile europea. Un miracolo che (oggi) ha dell’incredibile.

Basile e Nitti sono mossi dal desiderio di raccontare, “forse i più giovani non lo hanno mai saputo, e qualcuno tra i meno giovani lo aveva dimenticato”. Spinta lodevole, che però mette a nudo come quella generazione – alla quale è appartenuto anche chi scrive – non seppe trattenere fra le mani ciò che faticosamente era riuscita a conquistare. Così fummo sconfitti dalla Storia proprio quando, altro estremo paradosso, a quell’onda nuova cui eravamo devoti riuscì l’ultimo colpo: contribuire al crollo del Muro di Berlino del 1989. L’onda si arrestò subito dopo, impedendoci di “cambiare” la città. E “cambiare” la città, allora, significava, torna il paradosso, farla rimanere uguale a se stessa: miracoloso crogiuolo di fermenti senza università, senza palasport, ma con tante speranza. E tante anime. Finite puntualmente fuori sede.